giovedì 4 febbraio 2016

Il sindaco pescatore: la storia di Angelo Vassallo, lunedì 8 febbraio in prima serata su Rai 1

Lunedì 8 febbraio, andrà in onda su Rai 1 la fiction Il Sindaco Pescatore, tratta dall'omonimo libro di Dario Vassalo. 
Nel maggio 2013, Dario ci venne a trovare a Massafra per raccontare agli studenti del Liceo Scientifico De Ruggieri, la storia di suo fratello, Angelo, Sindaco di Pollica, barbaramente ucciso con sette colpi di pistola. Un uomo di grande spessore umano, amante della sua terra e simbolo della buona politica. 

“Il film per Angelo – spiega Dario Vassallo, presidente della Fondazione Angelo Vassallo Sindaco Pescatore - vuole essere un omaggio a chi si è impegnato fino alla morte per cambiare il destino di un territorio e del proprio Paese. È dedicato a Lorenzo Rago, il sindaco di Battipaglia scomparso nel buio di una fredda notte invernale del ‘53, nel pieno delle sue funzioni, e a Marcello Torre, il sindaco di Pagani ucciso dalla camorra l'11 dicembre 1980. Lorenzo, Marcello ed Angelo sono stati tre sindaci che hanno provato a trasformare il territorio della provincia di Salerno da terra di briganti a terra di legalità e di uomini onesti.” 








lunedì 24 giugno 2013

Ogni benedetta domenica di Fulvio Paglialunga incontro con l'autore

incontro con l'autore
Ogni benedetta domenica

di Fulvio Paglialunga

ADD Editore

Lunedì 8 luglio, ore 20.00, Auditorium ex Chiesa di Sant'Agostino - Massafra


Arrivata alla terza stagione, la trasmissione di Radio Rai "Ogni benedetta domenica" ha messo in fila un'invidiabile serie di personaggi fenomenali che, nei modi più bizzarri, si muovono attorno al mondo del pallone. Da questi incontri nasce un quadro sorprendente fatto di direttori di banca di Cesenatico che ogni settimana si imbarcano su un low cost per andare a seguire la squadra del cuore inglese, di giornalisti che sono anche proprietari di squadre e che si mettono in silenzio stampa con se stessi, di qualcuno che un bel giorno ha inventato il Fantacalcio, ma anche di chi, grazie al calcio, ha portato lo sport in carcere, di chi è riuscito a sconfiggere una malattia con il pallone, o di chi si è opposto a vendere il risultato di un incontro. Sono queste alcune delle 50 storie che Fulvio Paglialunga racconta nel libro, legate a mondi spesso distantissimi che hanno però un luogo in comune dove sanno di potersi incontrare: un campo rettangolare, due porte e tanta passione.








modera

Alessandra Cavallaro - giornalista "Gazzetta del Mezzogiorno"



intervengono
Fulvio Paglialunga - autore del libro
Michele Dalai - editore

Francesco Resta - giornalista


saluto istituzionale

Antonio Cerbino - Assessore alla Cultura del Comune di Massafra



book trailer


















web: ogni benedetta domenica
per acquistare il libro on line: http://www.amazon.it/



info: 338 25 28 601 - massafrarte@gmail.com

mercoledì 24 aprile 2013

Angelo Vassallo, il Sindaco Pescatore



Angelo Vassallo, il Sindaco Pescatore
sabato 4 maggio, ore 11, Sala Conferenze Liceo Scientifico "D. De Ruggieri", Massafra


Nell'ambito del progetto CoinvolgiMenti, sezione incontri letterari, sabato 4 maggio ospiteremo Dario Vassallo, autore del libro “Il sindaco pescatore”:  un libro sulla storia di Angelo Vassallo. Per non dimenticare. 


Il 6 settembre del 2010 Angelo Vassallo fu ucciso con 9 colpi di pistola mentre rientrava a casa con la sua automobile. I colpevoli dell’omicidio non sono ancora stati individuati, ma nessuno ha dubbi sulle ragioni che hanno spinto gli assassini a sparare: Angelo Vassallo era il sindaco della legalità, del rispetto dell’ambiente e delle persone. La sua azione politica è stata uno “scandalo” in quella parte d’Italia, la provincia di Salerno, storicamente martoriata dalla malavita e della corruzione. Grazie al suo impegno in poco tempo il Comune di Pollica ha conquistato, fra le altre cose, la Goletta Verde di Legambiente e il riconoscimento di Citta Slow da parte di Slow food. Il sindaco pescatore racconta la storia esemplare di un uomo capace di fare il bene, di pensare per gli altri, di alzare lo sguardo verso quell’orizzonte limpido che aveva imparato a guardare durante le albe al lavoro sul suo peschereccio. Un uomo che era già un eroe prima che qualcuno lo ammazzasse. L’autore, Dario Vassallo, medico, residente a Roma, è il fratello del sindaco ucciso.  L’incontro si terrà, alle ore 11, nella sala conferenze della nuova sede del Liceo Scientifico De Ruggieri. Oltre all’autore, interverrà il Preside Stefano Milda, l’Assessore alla Cultura Antonio Cerbino, la Professoressa Maria Carmela Pagliari, introduce e modera Vincenzo Madaro. Un appuntamento promosso dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Massafra, con il patrocinio della Consulta delle Associazioni e in collaborazione con “Il Serraglio” e il Presidio del Libro di Massafra. Ingresso libero.
Info: 338 25 28 601 – massafrarte@gmail.com

"...Nel suo primo mandato aveva scelto un segretario comunale umanista atipico che difendeva i valori fiammeggianti della milizia sociale. Questa frequentazione lo aveva marcato durevolmente nella convinzione che la politica poteva rendere la gente più grande, più cosciente e fiera del ruolo da svolgere nella comunità degli uomini. In termini di scienze politiche, si può dire che la sua battaglia rivelava una sensibilità esacerbata nel denunciare i pericoli che minacciavano la coesione sociale, e non solo nell'Italia meridionale: le disuguaglianze sociali, il denaro come un re, il rifiuto di cambiare, gli squilibri ambientali, le segregazioni spaziali, il nepotismo, le crisi di identità, la criminalità organizzata...Abbattendo Angelo Vassallo, i cani impazziti della mafia non hanno solo difeso i piccoli o grandi interessi legati al business criminale della droga e dell'edilizia. Essi hanno anche assassinato un profeta. Un profeta locale e planetario. Un eletto del popolo che affrontava con un'acutezza visionaria e un coraggio eccezzionale le disfunzioni più evidenti della società contemporanea."


La bella politica
 

 
Pugliaevents.it


articolo di Debora Piccolo su "La Gazzetta del Mezzogiorno" di domenica 5 maggio 2013.
 



venerdì 12 aprile 2013

Love it or Leave It




Love It or Leave It è una rassegna di documentari e cortometraggi che hanno come oggetto l'Italia tra politica, società, buone pratiche e ambiente.
La rassegna è parte del Progetto CoinvolgiMenti creato e curato da MassafrArte e promosso dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Massafra.
L'obiettivo è quello di creare un momento di approfondimento, su tematiche molto attuali, e di confronto/dibattito post visione, per andare oltre i dibattiti sempre più frequenti sui social network.
Sono previste 4 proiezioni che si terranno presso l'ex Chiesa di Sant'Agostino a Massafra. Un nuovo spazio multifunzionale, divenuto tale grazie ad un concorso vinto da MassafrArte nel 2011, e inaugurato nel settembre 2012.

tutti gli appuntamenti sono ad ingresso libero e gratuito.
Inizio proiezioni ore 20, ingresso ore 19.30


Una rassegna in collaborazione con Il Serraglio e Vicoli Corti.

evento su fb: 
https://www.facebook.com/events/375229252591981/



venerdì 26 aprile, tema politica e società:
      
Girlfriend in a Coma

Documentario indipendente sulla malattia terminale dell' Italia, e su come l'Europa potrebbe fare la stessa fine. L'Italia vista dall'estero, attraverso gli occhi di un grande giornalista, Bill Emmott, ex direttore dell'Economist.

"Un film che parla alla ferita aperta nel cuore di ogni Italiano. Perché un paese tanto bello è tanto sventurato?"

"L'analisi è fredda, implacabile, impietosa fin dal titolo, lo stesso di una canzone famosa negli anni Ottanta - "A girlfriend in a coma", una fidanzata in coma, l'Italia ovviamente - e mette in mostra senza remore le sue contraddizioni laceranti: mafie e capolavori del paesaggio e della cultura, successi industriali e fallimenti burocratici, eccellenze intellettuali e miopi privilegi di casta." Bruno Manfellotto Direttore L'espresso

http://girlfriendinacoma.eu/

venerdì 10 maggio, tema costume e società:    



Italy: Love It or Leave It

documentario diretto da Gustav Hofer, Luca Ragazzi
Luca e Gustav sono due ragazzi italiani che di recente hanno assistito all’esodo di molti amici coetanei che hanno deciso di lasciare l’Italia per mete come Berlino, Londra o Barcellona. Persone creative che non vedono un futuro in questo paese, stanchi del costo della vita, del precariato, dell’atteggiamento reazionario, del baronato nel mondo accademico, della mancanza di attenzione per i diritti umani, l’abbrutimento e la mancanza di meritocrazia.
Anche Gustav crede che andarsene sia la cosa migliore da fare mentre Luca vuole convincerlo che l’Italia è ancora un paese pieno di buoni motivi per restare, di persone appassionate che ogni giorno conducono una battaglia silenziosa perché le cose possano cambiare.
Prima di prendere una decisione definitiva, si danno sei mesi per capire se è ancora possibile re-innamorarsi dell’Italia. Decidono di fare un viaggio con una vecchia Fiat 500, su e giù per lo stivale. Vanno alla ricerca di storie, aneddoti, personaggi, per scoprire cos’è rimasto dell’Italia che all’estero fa ancora tanto sognare, cercando di capire meglio un paese dal passato tanto celebrato e dal futuro incerto, lasciando la porta aperta all’imprevedibile. Scopriranno un paese diviso e contraddittorio ma sull’orlo di un cambiamento.

http://www.italyloveitorleave.it/home/


venerdì 24 maggio, tema società e buone pratiche:


God save the Green
sette storie per capire il mondo
  


documentario diretto da Michelle Mellara e Alessandro Rossi

Sette racconti sulle crepe urbane che in ogni parte del mondo vengono rivitalizzate e trasformate in terra produttiva e angoli di pace.
Sette storie di donne e uomini che riconquistano il senso della comunità attraverso l’orticoltura.
Sette episodi che mostrano il Nord e il Sud del Mondo riuniti nel comune sforzo di rendere più vivibili le periferie cementificate o abbandonate delle nostre città.
Sette possibili percorsi da seguire per trovare un modo per prodursi autonomamente cibi sani, nutrienti ed eventualmente commercializzarli per inventarsi una forma di reddito in contesti urbani impoveriti e critici.
Un film sull’invenzione di un nuovo possibile paesaggio urbano, il terzo paesaggio, dove il verde non è solo decorazione ma luogo vissuto e creativo.
Un viaggio lungo le strade del mondo: orti nelle periferie, negli slum, accanto alle discariche; mercati di produttori e azioni di guerriglia verde e non violenta; coltivazioni innovative e progettazioni architettoniche; terre sottratte all’abbandono, alla malavita, al latifondo.
Un viaggio in compagnia di bambini, donne e uomini di ogni continente, accomunati dal medesimo sogno, dalla medesima necessità primordiale di coltivare il proprio cibo.
Un viaggio nelle periferie di Berlino, Nairobi, Teresina, Torino, Bologna, Londra, Casablanca.
Un film di stringente attualità e allo stesso tempo in grado di permanere come mappa di un futuro auspicabile.

http://www.mammutfilm.it/

venerdì 7 giugno, tema politica e ambiente:

Fireworks   

cortometraggio di Giacomo Abbruzzese

Selezionato in numerosi festival internazionali tra cui:
Clermont-Ferrand (Francia)
Tampere (Finlandia)
Winterthur (Svizzera)
Torino (Italia)
Indielisboa (Portogallo)
Kustendorf (Serbia)

Premio degli Studenti al Festival Premiers Plans d'Angers (Francia)

Nominato per il Nastro d'Argento 2012 nella categoria Miglior Cortometraggio

SINOSSI:
Da cinquant’anni Taranto ospita la più grande industria siderurgica europea, un complesso immenso e mostruoso che occupa ogni orizzonte economico, visivo e immaginario, rendendola la città più inquinata dell’Europa occidentale. La notte di capodanno, tra i fuochi d’artificio, un gruppo internazionale di ecologisti decide di far saltare in aria l’intero impianto.

http://www.giacomoabbruzzese.net/
http://www.sentieriselvaggi.it/18/44968/VIAGGIO_IN_ITALIA_–_Giacomo_Abbruzzese,_empatia_con_l-orizzonte.htm

https://www.facebook.com/events/375229252591981/

sabato 23 marzo 2013

Nero Lutto - Superstizioni, comportamenti e rituali di fronte la morte - Personale fotografica di Fabio Petrelli

Nero Lutto
 
Superstizioni, comportamenti e rituali di

fronte la morte


Personale fotografica di Fabio Petrelli



Si inaugurerà martedì 26 marzo 2013 a Massafra (Ta), presso l’ex chiesa di Sant’ Agostino, alle ore 18.30, la personale di fotografia di Fabio Petrelli, artista massafrese da anni residente a Roma. L’artista propone una serie di scatti fotografici di grande formato sul tema del nero come simbolizzazione del lutto. Petrelli mette in scena un repertorio che dall’antropologia culturale che affonda le radici negli studi etnologi di E. De Martino, si riverbera nell’universo archetipico dell’arte contemporanea, dove la morte intesa come sospensione del tempo-non tempo, viene a essere codificata entro comportamenti e rituali di arcaiche radici che ancor oggi sono inglobate nei modelli socio-culturali del sud Italia. Petrelli afferma che: “nera è l’assenza profonda e luttuosa del non esserci più, di quel grido soffocato dei superstiti che piangono e gridano i loro morti. Neri gli scialli dalla lunga trama che coprono gli specchi del dolore, perché il morto non si possa riflettere e lo specchio non catturi il riflesso che invece è destinato a raggiungere l’aldilà. Così lo specchio come spazio eterotopico (Foucault) diviene duplicatore di quell’universo impalpabile dove si invertono la destra e la sinistra e viene sottoposto al mondo uno spazio che non è.”
L’esposizione che si inserisce tra le attività del progetto CoinvolgiMenti, curato da MassafrArte, e promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Massfra, verrà presentata e curata nel suo assetto critico e metodologico dalla giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, Maria Grazia Rongo e inoltre vi sarà un importante intervento critico sul catalogo della Dott.ssa Daniela Fabrizi (Membro Onorario della Soc. Intern. Des Critiques Littéraires).
La mostra dal titolo Nero Lutto - Superstizioni, comportamenti e rituali di fronte la morte, nel cuore del centro storico di Massafra, resterà aperta al pubblico fino al 31 Marzo 2012, dalle 17 alle 20. L’ingresso è gratuito.




Approfondimenti Nero Lutto:
Stendalì suonano ancora
Documentario di Cecilia Mangini sulle prefiche del Sud e i loro canti nel salentino di cultura greca davanti al morto.
Testi di Pier Paolo Pasolini



presentazione mostra: Fabio Petrelli e Maria Grazia Rongo
 
 
 
 
Il nero: l’anima del dolore
Il nero traccia confini instabili del mondo. Una lettura dell’essenza dolorosa che Fabio Petrelli offre nelle immagini che compongono la mostra, dove il dolore non è mai fermo, si muove, deve sprigionare la forza lacerante che mortifica gli uomini dentro. Ecco perché i contorni dei soggetti fotografati molto spesso qui perdono la loro dimensione reale, e appaiono come sospesi, scarnificati, guidati da una instabilità involontaria, traballanti, tra la necessità di rimanere ancorati alla terra, di sopravvivere, e la tendenza a lasciarsi andare, in un dove sconosciuto, ma in ogni caso lontano. E le fotografie ci vengono incontro fino a trovare i nostri occhi e condividere il colore e il dolore.  
Fabio Petrelli in queste immagini cattura l’anima del dolore, restituendole il colore del nero, del lutto che vuole trovare la giustificazione di un’assenza che, in maniera ossimorica, si fa presenza, forte. Un nero che viene da lontano, e scava nelle radici di tradizioni arcaiche che al tempo stesso fondano uno sguardo contemporaneo, fermando il tempo e realizzando l’ancestrale contrappunto tra vita e morte, finitezza ed eternità, assolutezza e relatività.
Lodevole è poi la ricerca che sottende ad ogni lavoro di Petrelli. Lo studio che diventa motivazione e guida nella creazione dell’artista, realizzando così una riconoscibilità delle opere e contribuendo alla creazione di un percorso che si inquadra in una crescita artistica costante. Una ricerca che parte dal Sud delle storie e dei luoghi, come dimostrano le file di donne in processione tra muretti bianchi di calce, la Mater Dolorosa, i rituali antichi, dove il dolore è donna e il nero diventa il colore di vedove, madri private dei figli, orfane. E poi il richiamo alle immagine votive, soffuse, colpite da un’iconoclastia motivata dall’essere quasi un appiglio al quale è difficile rimanere aggrappati, perché si tratta di un groviglio inaccessibile e dalla forza inestricabile, ma che appare quale l’unica possibilità di confidare l’angoscia di un presente che è divenuto niente. L’abilità dell’artista sta nella capacità di farsi tramite invisibile, ponte tra emotività distanti e contrastanti. “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” scriveva Cesare Pavese nel 1950 (pubblicazione postuma a cura di Giulio Einaudi nel 1951), gli occhi neri, come il dolore che grida, muto, come il vuoto che si riempie di assenza.             
 
Maria Grazia Rongo
gionalista Gazzetta del Mezzogiorno 

 

Il lutto: il buio nero dell’eterno
Bianco il lume…, bianco il lenzuolo…, bianco il muro di calce…, il chiarore di candele.
Senza il bianco, il nero non esisterebbe, sarebbe solamente buio etereo, inverno senza fine.
Il lutto è una condizione, una scelta di filiazione partorita altrove con diritto di vestire il dolore con il nero integrale, segno che non c’è posto per altro quando l’assenza diventa partenza dal quotidiano mondo.Fabio Petrelli disvela una passione di studi e di dimora sulla continuazione della morte quando questa è disgiunta dalla vita ma non è perduta, e richiama l’affollarsi dell’umanità che è stata ed ora abita più alta e sconosciuta contrada. Il lutto è una convinzione, un mondo, un figlio, lo si porta dentro, lo si veste di panno che non riflette, che non permette il passaggio obbligato del giorno e della notte. Non è assenza di colori, poiché li assorbe per farne fiori secretati, deputati solo ai destinatari di un ossequio cieco nell’altrove immaginato. Nelle fotografie di Petrelli, l’archetipo del lutto si estrinseca a partire dall’assenza, con il lume di assoluto bianco in primo piano che non si riflette sul vassoio scuro, segno di un’anima già in volo ma non priva di materia, avendo ancora strada appesa alla durata della luce bianca della luminaria. Questo perché la morte ha un tempo straordinario che non coincide con la fine delle attività del corpo, ma consente alla mente di vagare, per un tempo illimitato, in cerca del suo posto nutrito dal ricordo.
Il lutto è una sospensione temporale che permette agli affetti di colmare il vuoto ed i suoi effetti, di rimettere a posto i numeri imperfetti cui si giunge sottraendo la presenza dei coscritti.
In questa attesa di ricostruzione, i capelli sul lenzuolo diventano grovigli di serpenti che rapinano spazi bianchi, definendo rivoli indipendenti che puntano al viaggio verso altri mondi.
Il muro di calce accecante sorregge un lutto che appartiene a ciò che rimane ai vivi, incanalandoli, quasi in processione, verso un funerale che è sintesi del dolore universale che, se collettivo, assume il ruolo di catena di personificazione del viaggio del morto verso il segreto del buio senza speranza di risorto. Per questo una candela, in fondo a un corteo breve vestito di dolore, rammenta ai dolenti la via del ritorno più che indicare un sentiero oscuro, ignoto a tutti oltre la sepoltura e la dipartita del morto.
È questo il lutto, il buio nero dell’eterno che non è concesso al mondo. Il rifiuto del colore conduce alla divisa del dolore che vuole essere riconosciuta e forse consacrata con l’accettazione dell’impossibilità di conoscere altra vita.

Per Fabio Petrelli è chiaro come la morte faccia parte della vita ben più della sorte, e il fantoccio, che in tanti luoghi la esorcizza, diviene immagine sfumata, non meno impressionante, ma mossa, ad indicarne l’impalpabilità dell’avvento e l’epifania dell’evento. Nella tradizione popolare, bruciare il fantoccio dalle fattezze di una fattucchiera, di una raccapricciante figura femminile nera, richiama rituali consolatori e di vittoria che, seppur brevi, regalano illusioni ai viventi, riscattando attimi di vincitori nella lotta quotidiana dei semiresidenti.
Questo perfettamente rimanda con i suoi scatti Petrelli: la caducità dei presenti e l’ineluttabilità per questi di fare con la morte i propri conti. Non c’è drammaticità di disperazione, ma autentica delucidazione su ciò che si dimentica ogni giorno con superiore orgoglio: la morte non è punizione, ma l’altra faccia della vita, e il nostro esserci è una sfida.
I volti lividi di donne vestite di lutti di capelli, ancor più che di panni, appaiono ritratti silenziosi detentori di gridi riservati a mitiche figure rituali atte alla pratica del pianto di accompagnamento del morto prima che sia sepolto. Prefiche moderne, mai stanche di perpetuare lamenti indotti dalle pratiche antiche del culto dei morti. Il Sud sembra detentore del passaggio nell’altrove col perpetrarsi di usanze primordiali che eleggono il lutto a condizione, a traduzione collettiva del dolore.
Petrelli sa bene che senza il bianco di contrasto la morte non sarebbe che buio difficile da rendere immortale su carta di stampa, sia essa analogica o digitale, ma ne fa un uso moderato, parsimonioso, perché non prevalga, ma rimanga monito di assoluto.
La ritualizzazione del dolore aiuta chi lo soffre ad essere migliore, nella convinzione di condividere una sorta di purificazione che dal buio porterà alla luce.
Il valore di questo lavoro di ritratto è nel movimento del concreto e dell’astratto, nell’attimo colto nel suo cambiamento, nella forza del segno, nella volontà di presagire il distacco come eterno congiungimento del lutto con l’apparente spegnimento dell’intelletto, salvato dal miracolo del lume acceso del ricordo contro cui nulla può il mantello nero che tinge il tavolo di scuro.
 
Daniela Fabrizi
Membro Onorario della Soc. Intern. Des Critiques Littéraires
 

 
Nero Lutto
superstizioni, comportamenti e rituali di fronte la morte
Nera è l’assenza profonda e luttuosa del non esserci più, di quel grido soffocato dei superstiti che piangono e gridano i loro morti. Neri gli scialli dalla lunga trama che coprono gli specchi del dolore, perché il morto non si possa riflettere e lo specchio non catturi il riflesso che invece è destinato a raggiungere l’aldilà.  Così lo specchio come spazio eterotopico (Foucault) diviene duplicatore di quell’universo impalpabile dove si invertono la destra e la sinistra e viene sottoposto al mondo uno spazio che non è.
Nera è la morte che viene identificata con l’inverno, con la Vecia, con la Stria o con la Quarantana pugliese dove un bamboccio di pezza raffigurante una vecchia avvizzita, viene bruciata nell’oscurità delle notti invernali, stereotipizzazione del male nell’eterno ciclo  di vita-morte-vita. Per cui la dimensione ludica consente di immergere la vita nella funzione della morte per farla riemergere come vita affermata.
Nero è il colore del lutto, che oggi ancora nelle regioni mediterranee, dove persistono le più antiche usanze, le donne si vestono in nero, colore che allude alla Grande Madre arcaica. Perché il grembo della grande madre è nero e perennemente genera e accoglie in sé ogni essere vivente  Per la stessa ragione le Dee madri della civiltà mediterranea, che continuamente generavano e accoglievano in sé gli esseri nell’eterno ciclo di nascite e morti, erano raffigurate nere: come l’egizia Iside, la Vergine Nera. 
Nera è la lunga veste del simulacro della Mater Dolorosa, esibita durante le processione nei paesi del sud, perché il nero esprime una forma di adeguamento al mondo sotterraneo e silenzioso dei defunti. Nero come la prima istanza alchemica: la nigredo, in cui la materia si dissolve, putrefacendosi e poi evolvendosi, perché  da ogni morte si ricrea una vita. Lutto significa lugere, cioè piangere, perché i morti si piangono e si ricordano, come i parenti e gli amici morti che si conservano nell’album di famiglia, e la cui presenza nelle fotografie esorcizza in parte l’angoscia e il rimorso che proviamo per la loro scomparsa, cosi le fotografie di rioni ora sventrati, di luoghi rurali sfigurati e inaridititi, esprimono il nostro fragile rapporto con il passato. Viene così a configurarsi quell’importante concetto della fotografia intesa come immobilizzazione del tempo , dove l’immagine che produce la morte non fa altro che conservare la vita.
I romani indicavano il nero con due aggettivi: niger e ater. Niger indica qualcosa di funebre che evoca l’idea di morte, di disgrazia, ater invece significa nero, triste, indicando così un’idea morale di terrore, di disgrazia,  ed è spesso impiegato come melas, nel senso di avvelenamento, velenoso.
Perché la morte è velenosa, come affermava Edvard Munch nei suoi scritti autobiografici, ed è  velenosamente lenta come i tempi di esposizione di alcuni frammenti fotografici esposti in questa sede che creano immagini parzialmente o totalmente in moto.
Nel 1958 Ernesto De Martino pubblica: Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre al pianto di Maria, complessa indagine antropologica che pone l’accento sulla morte sentita come “scandalo”, perché segna il sopravvento della natura sulla cultura, imponendo la ricerca di forme di riscatto socio-culturale. De Martino di fronte tale problematica chiarisce che per quanto grande possa essere la perdita, subito si impone in noi, il compito di evitare tale mancanza. Il rischio di essere polarizzati nella situazione luttuosa  costituisce la seconda decisiva morte che l’evento luttuoso può trascinarsi dietro.  Così la morte impone  alla cultura umana l’obbligo di elaborare modalità rituali in grado di operare una prima presa di distanza culturale dall’evento luttuoso, così da frenare, nell’azione del rito il rischio di una reale perdita della presenza individuale e collettiva. La morte inoltre, viene a costituire così, una lacerazione di un compatto tessuto sociale, fatto di status, ruoli e diritti. Solo attraverso i processi di cordoglio e di lutto vengono a coalizzarsi da un lato l’insieme di rappresentazioni collettive, e di gesti simbolici – ctnoci, ricche nelle ricerche etnologiche e, dall’altro lato, la morte, viene ad inserirsi con tali modalità nel linguaggio egemonico dell’arte, dove lo studio antropologico e l’operazione artica si fondono.
Nell’introduzione di questa articolata indagine, De Martino cita un passo dei Frammenti di Etica di Benedetto Croce: «...che cosa dobbiamo fare degli estinti, delle creature che ci furono care e che erano come parte di noi stessi? “Dimenticarli”, risponde , se pure con vario eufemismo, la saggezza della vita. “ Dimenticarli” conferma l’artica. “Via dalle tombe!”, esclamava Goethe e  in coro con lui gli altri spiriti magni. E l’uomo dimentica. Si dice che ciò è opera del tempo, ma troppe cose buone, e troppo ardue opere si sogliono attribuire al tempo, cioè a un essere che non esiste. No: quella dimenticanza non è opera del tempo, è opera nostra che vogliamo dimenticare e dimentichiamo (…). Ma con l’esperienza il dolore, nelle varie forme di celebrazione e culto dei morti, si supera lo strazio, rendendolo oggettivo. Così cercando che i morti non siano morti, cominciamo a farli effettivamente morire in noi.»
Allora il nero come simbolizzazione del lutto e della morte diviene plumbeo frammento mnemonico perché dimenticare equivale a soffocare quel dolore e quella attesa che dalla morte ci riporta pienamente nel bianco della vita.
    Fabio Petrelli
 



 
 

lunedì 10 dicembre 2012

CoinvolgiMenti







Sabato 22 dicembre, ore 17.00
Palazzo della Cultura – Piazza Garibaldi - Massafra

PASSAMARE
lettura animata con pupazzi
da Passamare di e con Paolo Comentale, Edizioni EL

disegni originali Nicoletta Costa
burattini e pupazzi Lucrezia Tritone

età suggerita quattro-dieci anni


Tratto dal libro Passamare di Paolo Comentale, impreziosito dai disegni della nota illustratrice Nicoletta Costa è la storia di un Passerotto che decide di partire per mare per inseguire il sogno di una nuova terra.

Durante il suo viaggio Passerotto Passamare  incontrerà amici e nemici, soffrirà il freddo, patirà la fame, rischierà la vita ma, nonostante le difficoltà, continuerà a volare grazie anche alle raccomandazioni del saggio Gufo Occhi di Diamante e al sostegno della giudiziosa Rondinella che avrà la fortuna di incontrare.

Passerotto è come un bambino: non ha esperienza del mondo che lo circonda, vive con grande curiosità ed emozione, momento per momento, le tappe del suo viaggio e così impara, apprende e cresce… Sarà una fantastica avventura!

Tra gli umani che Passerotto incontra durante il suo viaggio un bambino, sta traversando l’immenso mare su una carretta che ha finito la nafta, e in cui giacciono tanti corpi mossi da profondi respiri. Da lui un gesto d’aiuto, fatto di un sorriso e di un po' di pane, da cucciolo a cucciolo.

Un racconto positivo che si apre alla speranza, così come è giusto che sia, nel solco migliore della letteratura per l'infanzia.




Domenica 23 dicembre, ore 11.00
Palazzo della Cultura – Piazza Garibaldi - Massafra

FLASTROCCHE ANIMATE
di Vito Mellone, Antonio Dellisanti Editore


Incontro/laboratorio con l'autore

Raccolta di filastrocche e poesie in rima rivolte con attenzione ai bambini in fase di sviluppo.
età suggerita quattro-dieci anni

















Sabato 29 dicembre, ore 18.00
Palazzo della Cultura – Piazza Garibaldi - Massafra

Il mistero (solubile) dello zucchero assassino
Una storia di cibo, dominio, denaro e scienza

di Giuseppe Aiello, Punctum/Candilita Edizioni   

Incontro con l'autore
Sono molti i misteri che circondano il saccarosio, e il tentativo di svelarli richiede una lettura della storia della nostra civiltà, del potere, dell'economia e della cultura, dell'evoluzione degli ominidi, dei cibi che l'hanno accompagnata e molto altro.

Un appuntamento in collaborazione con
"Il Filo di Arianna".